Il Raboso è un vino di antichissima origine, il suo nome deriva forse dall’omonimo affluente del fiume Piave. Vino prodotto da uno dei rari vitigni presenti nel Nord-Est d’Italia prima dell’avvento di Roma.
Lo conferma Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, affermando che in quest’area si produceva allora il “Picina omnium nigerrima”, un vino il cui colore è più nero della pece, antenato quindi, oltre che del Raboso, anche del Terrano, del Refosco e del Friularo.
Caduto l’impero romano e con esso il culto della vitivinicoltura occorre attendere i tempi nuovi, quandoVeneziaestende la sua civiltà in terraferma, per trovare ricordo di questo vino. Per secoli ilRabosofu il solo vino che laSerenissimariuscì ad esportare anche fino in oriente. Ecco perchè il Raboso era definito anche“vin da viajo”, vino da viaggio. Merito delle sue caratteristiche di varietà robusta, ricca di tannini e con un’alta percentuale di acidità, resistente a muffe e peronospora. Inoltre non teme il freddo, la siccità ed il passare del tempo. Per questo in passato quando nasceva un bambino era diffusa l’usanza, sia presso le famiglie contadine che quelle nobili, diconservare il Raboso per il giorno delle sue nozze. Tradizione che oggi in molti stanno felicemente riprendendo. Così questo vino dalle”caratteristiche organolettiche più vicine a quelle della buccia d’uva ancora selvatica, non domata”rappresenta col suo rosso caldo il cuore di una cultura. La sua presenza nell’areaveneto friulanaè documentata fin dagliinizi del ‘600. L’uva è sempre stata chiamata anche Friulara o Rabosa Friulara, ma va tenuto presente che il Friuli storico giungeva fino alla sponda sinistra del Piave.
Nel1679,il trevigianoJacopo Agostinelliscrive un volume di memorie che intitola “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa” e alcuni di questi ricordi riguardano proprio il vinoRaboso. “Qui nel nostro Paese -scrive nel ricordo 24- per lo più si fanno vini neri per Venezia di uva nera che si chiama recaldina, altri la chiamano rabosa per esser uva di natura forte.”
NelBollettino Ampelograficodel1885si cita con estrema precisioneil Raboso del Piavee si afferma che “questo tipo di vino aveva una assai importanza che al presente… Trovasi memoria di simili vini inviati con gran plauso all’estero, in cantine di ricchi inglesi trovaronsi ancor non molti anni addietro bottiglie di questo vino, donato e procurato dagli ultimi ambasciatori della Serenissima”.
LaSerenissima Repubblica di Veneziaha concluso la sua storia nel 1797 e non molti anni prima del1885sono state trovatebottiglie di Raboso del Piave in cantine inglesi: è allora da credere che davveroil Raboso era considerato ormai da molti secoli uno dei principali e più importanti vini trevigiani.
Il Raboso nei tempi moderni
Giovanni Dalmasso, nel1937, afferma che inSinistra Piave,su una produzione di 65 mila ettolitri di vino rosso, ben 58 mila erano di Raboso Piave. Anche nella zona fra Motta di livenza, San Donà di Piave e Meolo su 85 mila ettolitri di vino prodotti ben 70 mila erano diRaboso Veronese.
Nel1949, subito dopo la seconda guerra mondiale,il Raboso conserva una netta preminenza sugli altri vini prodotti. In Sinistra Piave, su 100 mila ettolitri di vino il Raboso Piave rappresenta benl’80%;mentre nella fascia tra Motta e San Donà, su 140 mila ettolitri ben 85 mila sono di Raboso Veronese.
ra gli anni 50 e 60 del secolo scorso, gli agricoltori delle terre del Piave hanno privilegiato le varietà i cui vini erano più richiesti dal mercato, in particolare il Merlot e il cabernet per quanto riguarda i vini rossi. Il Raboso Piave conosce in quegli anni una progressiva contrazione e si deve attendere gli anni ‘90 e la costituzione della Confraternita del Raboso Piave con l’aiuto di coraggiosi viticoltori per una sua giusta qualifricazione e un progressivo rilancio.
Il vitigno ed il vino
Il Raboso Piave è, come si è visto, un vitigno autoctono, la cui presenza nelle terre del Piave è documentata fin dal ‘600. Esso porta a pieno titolo il nome di “Piave”, sia per origini storiche che per una presenza rimasta costante nel corso dei secoli nella terra bagnata dalle acque del fiume sacro agli eroi della prima guerra mondiale.
La sua coltivazione si estende storicamente a ridosso del fiume Piave per tutta la pianura trevigiana, da Conegliano a Vazzola, fino a Oderzo, Motta di Livenza e San Donà di Piave. Il grappolo è abbastanza grande, di forma cilindrica, con una o due ali anche evidenti, compatto, con peduncolo robusto e legnoso. L’acino ha forma sferoidale, con buccia nero-bluastra, molto pruinosa, coriacea. I pedicelli sono corti di color verde-rossastro. La polpa è caratteristica, a sapore neutro, leggermente carnosa, dolce-acidula-astringente. Ogni acino ha due o tre vinaccioli, di media grandezza, piriformi. La pianta ha forte vigoria vegetativa e produzione tendente all’abbondante.
La vinificazione ottimale richiede una adeguata macerazione nelle bucce: in tal modo si ottiene un vino di ottimo corpo, aspro e tannico da giovane, molto adatto all’invecchiamento. Lasciato maturare in botti di legno, acquista col tempo un bel colore rosso rubino carico, con riflessi granati, uno splendido bouquet ampio e pieno che ricorda le violette di campo e anche, marcatamente, il profumo di marasca.
Per ottenere la D.O.C.il Raboso non può essere immesso al consumo se non dopo un periodo di invecchiamento di almeno tre anni, di cui almeno uno in botte. Ha sapore secco, austero, sapido, lievemente acidulo, pienamente appagante.Il Raboso Piave, raggiunta la sua piena maturità, è uno dei grandi vini rossi italiani, ottimo con la cacciagione di pelo e di piuma, le carni rosse, le grigliate e i formaggi molto invecchiati. È pure un eccellente vino da meditazione, compagno ideale delle lunghe sere invernali fra amici.